Il business del ritocco sui cani di razza, per renderli più competitivi nelle mostre, coinvolge padroni e veterinari consenzienti ad intervenire chirurgicamente su animali sani per migliorarne l’estetica.  Questo è il business che si cela dietro molte mostre di bellezza per animali domestici.

Con la legge 201 si ratifica la Convenzione europea animali da compagnia del 1987 che vieta “interventi chirurgici destinati a modificare l’aspetto di un animale da compagnia o finalizzati ad altri scopi non curativi”. In particolare si proibiscono “il taglio della coda, il taglio delle orecchie, la recisione delle corde vocali, l’asportazione delle unghie e dei denti”.  Ma, fatta la legge trovato l’inganno, basta presentarsi alle esposizioni con un certificato veterinario che dichiari i “motivi curativi” delle amputazioni e tutto fila liscio: centinaia di infezioni, traumi, ferite da aggressioni giustificano i bisturi.

Al momento sono 900 i certificati al vaglio dei 102 ordini provinciali della Fnovi, la Federazione nazionale ordini veterinari italiani. Da gennaio 2015 Fnovi e Enci (Ente nazionale della cinofilia italiana) e Anmvi (Associazione nazionale medici veterinari italiani), hanno aumentato i controlli i per mettere fine al trattamento. Nonostante ciò, il fenomeno del chirurgo estetico per cani sta dilagando in tutto il mondo.

Sebbene la chirurgia estetica stia sviluppando nuove tecniche e si stia avvalendo di sostanze meno invasive sia in campo umano che veterinario, ciò che sfugge è che al nostro amico a quattro zampe non importa di avere coda e orecchie proporzionate, gli occhi più spalancati o un invidiabile “sorriso”.

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